[p. 272 modifica] onde lo scrittore o il parlatore italiano, appo cui la lingua (sia nello stile, sia nella combinazione delle voci, sia nella pronunzia) è piú delicata e piú dolce che appo gli altri italiani (salvo che queste qualità non passino i confini che in tutte le cose dividono il giusto dal troppo, sia per rispetto alla stessa lingua in genere, sia in ordine alla materia trattata), piú si loda che gli altri italiani, appunto perocché la lingua italiana nella dolcezza e delicatezza avanza l’altre lingue. Ma per lo contrario fra’ tedeschi dovrà maggiormente lodarsi lo scrittore o il parlatore appo cui la lingua riesca piú forte che appo gli altri tedeschi, perocché la lingua tedesca supera l’altre nella forza, e suo carattere è la forza, non la dolcezza: né la dolcezza è pregio per se, neppur nella lingua italiana, ma in essa, considerandola rispetto alle altre lingue, è qualità non pregio, e nello scrittore o parlatore italiano è pregio, non in quanto dolcezza, ma in quanto propria e caratteristica della lingua italiana. Cosí civilizzandosi le nazioni, e divenendo, rispetto alle primitive, delicate di corpo, divenne altresí pregio negl’individui umani la maggior