<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3102&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204090113</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3102&oldid=-20161204090113
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3102 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 185modifica] quel tipo di compiuto guerriero ch’ei si proponeva? Non è della guerra come d’altre molte imprese che possono venir fallite e mancare del loro intento a cagione di ostacoli insuperabili all’uomo e di forze superiori alle umane. Ma la guerra è dell’uomo coll’uomo, e quindi è forza il far vincitore colui che si vuol far superiore agli altri uomini e singolare nella sua specie per le virtú guerriere. Chi cede nella guerra, cede all’uomo, cosa che oggidí potrà essere scusata, ma di rado lodata; fra gli antichissimi, non che lodata, era pur di rado scusata, e generalmente spregiata com’effetto o di viltà o di debolezza, la quale, sebbene involontaria, era poco meno spregiata della viltà, come lo sono anche oggidí proporzionatamente e la debolezza e tanti altri difetti degl’individui o delle nazioni, [p. 186modifica]nazioni, esteriori o interiori, che non dipendono dalla volontà di chi n’é il soggetto. Dico che la guerra è