<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3025&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20161204084935</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3025&oldid=-20161204084935
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3025 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 140modifica] latino (e cosí quelli che scrissero in latino dal trecento in poi) può trascurare affatto la pronunzia moderna, può anche fino a un certo segno dimenticarsela, può astrarre affatto dall’armonia, e non considerando negli antichi scrittori se non le pure costruzioni, i puri periodi ec. indipendentemente sí dal ritmo che ne risultava, sí da quello che oggi ne risulta, seguirli e imitarli ciecamente tali quali sono essi, non facendo caso della moderna pronunzia. Ma la lingua greca era ancor viva, benché la pronunzia fosse cambiata, e agli scrittori [p. 141modifica]non era né facile il dimenticare e astergersi dagli orecchi il suono quotidiano e corrente della loro propria favella, né volendo ancora seguire (come molti vollero) strettamente e imitare esattamente gli antichi, era loro possibile negare affatto ai loro periodi un numero che fosse sentito dall’universale de’ greci a quel tempo. Poiché questi periodi avevano pure ad esser letti e pronunziati da nazionali che, quantunque non pronunziassero come una volta, intendevano però e parlavano tuttavia quella lingua, come