[p. 66 modifica] piú disposto a potersi, e piú d’ogni altro essere, allontanare dal suo stato naturale, e quindi dalla sua propria perfezione e quindi dalla sua felicità; perch’essa stessa conformabilità umana è piú d’ogni altra disposta e facile a poter perdere il suo primitivo stato, uso, operazioni, applicazioni e simili. Talché difficilmente l’uomo si conserva in effetto nel suo naturale e primitivo stato, e però difficilmente si salva in fatti dalla infelicità. Stante le quali considerazioni, e stante appunto la somma conformabilità e organizzazione dell’uomo, metafisicamente considerata in ordine alla vera e metafisica perfezione, diremo che l’uomo è il piú imperfetto degli esseri terrestri, anche per natura, in quanto però solamente ella è naturale in lui una disposizione maggiore che in qualunqu’altro essere a perdere il suo stato e la sua perfezione naturale. Niuna imperfezione, neppure in ordine all’uomo, si può trovare propriamente nella natura; l’uomo non è imperfetto né in natura, né per natura; anzi, se volete, in natura e per natura egli è il piú perfetto degli esseri, ma