<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2851&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20160414140059</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2851&oldid=-20160414140059
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2851 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 34modifica] compagna, pur di cera. Quella è operazione pregevole, anche per la difficoltà d’assimulare un oggetto in una materia di tutt’altra natura; questa è bassa e triviale per la molta facilità, che toglie la maraviglia; e in punto di lingua è dannoso, perché si oppone alla forma e natura ed essenza propria ch’ella o ha o dovrebbe avere. Imitando in quel modo s’imitano le cose, cioè lo spirito ec. delle lingue, degli autori, dei generi di scrittura; imitando alla tedesca s’imitano le parole, cioè le forme materiali, le costruzioni, l’ordine de’ vocaboli di un’altra lingua (il che una lingua perfetta, anzi pure formata, non dee mai poter fare, né può per natura fare) e probabilmente s’imitano queste, e non le cose; cioè non s’arriva ad esprimer l’indole, la forza, la qualità, il genio della lingua e dell’autore originale [p. 35modifica](benché pretendano di sí), appunto perché in un’altra e diversissima lingua se ne imitano, anzi copiano le parole: e madama di Staël ancora è di questo sentimento in un passo, che ho recato altrove, della prima lettera alla Biblioteca Italiana, 1816, n. 1.