<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2756&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205205620</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2756&oldid=-20151205205620
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2756 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 414modifica] e di forme, e allo scrittore italiano la facoltà di poterne sempre foggiar delle nuove, non solo conformi all’indole e proprietà della lingua, ma che non paiano neppur nuove (forse neanche allo stesso scrittore) perché nascono come da se, dal fondo della lingua, chi ben lo conosce e lo sa coltivare e scaturiscono dalla natura di essa. Da ciò deriva una incredibile varietà. Ma la sostanziale e necessaria ricchezza di una lingua non può consistere nelle particelle ec., bensí ne potrebbe nascere, se queste si applicassero alla composizione delle parole, come fa la lingua greca, la quale è ricchissima di nomi e di verbi (che sono la sostanza e la principal ricchezza di una favella) non per altra cagione principalmente, [p. 415modifica]principalmente, se non per la estrema abbondanza di preposizioni e particelle d’ogni sorta, e per l’uso larghissimo ch’ella ne fa nella composizione d’ogni maniera di vocaboli (5 giugno, ottava del Corpus Domini, 1823).