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414 pensieri (2754-2755-2756)

dal non essere assuefatti al dolore. Qual è l’uomo vivo che non sia accostumato a soffrire? Ma proveniva dal maggior vigore di corpo ch’era negli antichi ed è ne’ selvaggi, a paragone de’ moderni e civili. E forse questa, piú che la minore assuefazione, è la causa che i giovani siano piú sensibili  (2755) alle sventure e piú suscettibili di dolore che i vecchi; o certo questa n’é in grandissima parte la causa. Massimamente osservando che questa differenza si trova anche fra giovani assuefattissimi alle calamità ed informatissimi, per dottrina, di quanto convenga patire in questa vita, e vecchi assuefatti ad aver sempre avuto ogni cosa a lor modo, ignorantissimi e persuasissimi che questa terra sia la piú felice abitazione del mondo e la vita il sommo bene degli uomini (4 giugno 1823).


*   Alla p. 2717. Dico che la lingua francese è piú ricca dell’italiana quanto alle parole non sinonime. Intendo de’ nomi e de’ verbi. Nelle altre parti dell’orazione la ricchezza nostra è incomparabile non solo colla lingua francese, ma pur colla latina, e forse con ogni lingua viva. Questa ricchezza è utile, e reca alla nostra lingua un’immensa ed inesauribile fecondità di frasi  (2756) e di forme, e allo scrittore italiano la facoltà di poterne sempre foggiar delle nuove, non solo conformi all’indole e proprietà della lingua, ma che non paiano neppur nuove (forse neanche allo stesso scrittore) perché nascono come da se, dal fondo della lingua, chi ben lo conosce e lo sa coltivare e scaturiscono dalla natura di essa. Da ciò deriva una incredibile varietà. Ma la sostanziale e necessaria ricchezza di una lingua non può consistere nelle particelle ec., bensí ne potrebbe nascere, se queste si applicassero alla composizione delle parole, come fa la lingua greca, la quale è ricchissima di nomi e di verbi (che sono la sostanza e la principal ricchezza di una favella) non per altra cagione prin-