<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2748&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205205712</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2748&oldid=-20151205205712
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2748 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 410modifica] di caratteri che ne deriva, e l’uso di segni rappresentanti de’ suoni composti, sono tutte qualità che dovettero necessariamente essere nell’alfabeto primitivo; perché l’uomo non arriva al semplice e agli elementi se non per gradi, anzi queste sono le ultime cose a cui egli arriva, e nell’arrivarvi consiste appunto la maggior possibile perfezione delle sue idee in qualunque genere. Ora nessuna cosa umana è perfetta nel suo principio, e massime un’invenzione cosí difficile e astrusa come fu quella dell’alfabeto. Non fu poco, anzi fu maravigliosissimo il pensiero di applicare i segni della scrittura ai suoni delle parole invece di applicarli alle cose e alle idee, come si fece nella scrittura primitiva e nella geroglifica, come facevano i messicani nelle loro pitture scrittorie, come fanno i selvaggi e i chinesi. Dopo concepito questo mirabile pensiero, che fu l’origine dell’alfabeto, questo pensiero ch’io dico essere stato unico nel mondo, cioè concepito da un uomo solo [p. 411modifica](e in questo senso io sostengo