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*   Quello che ho detto p. 266-268, deve servir di regola agli scrittori drammatici nell’esprimere e modellare i caratteri dei diversi tempi (10 ottobre 1820).


*   La semplice bellezza rispetto alla grazia ec. è, nella categoria del bello, quello ch’é la ragione rispetto [p. 357 modifica]alla natura nel sistema delle cose umane. Questa considerazione può applicarsi a spiegare l’arcana natura e gli effetti della grazia.


*   La ragione è debolissima e inattiva, al contrario della natura. Laonde quei popoli e quei tempi, nei quali prevale piú o meno la ragione, saranno stati e saranno sempre inattivi in proporzione della influenza di essa ragione. Al contrario dico della natura. Ed un popolo tutto ragionevole o filosofo non potrebbe sussistere per mancanza di movimento e di chi si prestasse agli uffizi scambievoli e necessari alla vita ec. ec. E infatti osservate quegli uomini, che non sono rari oggidí, stanchi del mondo e disingannati per lunga esperienza e, possiamo dire, renduti perfettamente ragionevoli. Non sono capaci d’impegnarsi in nessun’azione e neanche desiderio. Simili al marchese D’Argens, di cui dice Federico nelle Lettere, che per pigrizia non avrebbe voluto pur respirare, se avesse potuto. La conseguenza della loro stanchezza, esperienza e cognizione delle cose è una perfetta indifferenza che li fa seguire il moto altrui senza muoversi da se stessi, anche nelle cose che li riguardano. Laonde se questa indifferenza potesse divenire universale in un popolo, non esistendovi moto altrui, non vi sarebbe movimento di nessuna sorta.


*   La gloria per lo piú, massimamente la letteraria, allora è dolce quando l’uomo se ne pasce nel silenzio del suo gabinetto e se ne serve di sprone a nuove imprese gloriose e di fondamento a nuove speranze; perché allora ella conserva la forza dell’illusione, sola forza ch’essa abbia. Ma goduta nel mondo e nella società, ordinariamente si trova esser cosa o nulla o piccolissima o insomma incapace di riempier l’animo e soddisfarlo. Come tutti i piaceri da lontano sono grandi e da vicino minimi, aridi, vòti e nulli. [p. 358 modifica]*   Coloro che dicono per consolare una persona priva di qualche considerabile vantaggio della vita: non ti affliggere; assicurati che sono pure illusioni: parlano scioccamente. Perché quegli potrà e dovrà rispondere: ma tutti i piaceri sono illusioni o consistono nell’illusione, e di queste illusioni si forma e si compone la nostra vita. Ora se io non posso averne, che piacere mi resta? e perché vivo? Nella stessa maniera dico io delle antiche istituzioni ec. tendenti a fomentare l’entusiasmo, le illusioni, il coraggio, l’attività, il movimento, la vita. Erano illusioni, ma toglietele,