<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2586&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205204114</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2586&oldid=-20151205204114
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2586 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 319modifica] ad assuefarsi, cioè ad imparare. E forse a queste differenze si vuole attribuire l’eccessiva e maravigliosa inabilità di alcuni che non riescono (anche provandosi) a saper far colle loro mani quello che il piú degli uomini fanno tuttogiorno senza pure attendervi né anche pensarvi; e l’altrettanto mirabile facilità ch’altri hanno d’imparare senza studio e d’eseguire speditissimamente le piú difficili operazioni manuali, che il piú degli uomini o non sanno fare o non fanno se non adagio e con attenzione. Vero è che si trova molto minor differenza individuale fra la capacità generica della mano di questo o di quello, che fra la capacità [p. 320modifica]de’ vari ingegni. Ma questo nasce che tutti in un modo o nell’altro esercitano la mano e quindi le danno e procurano una certa abilità