<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2539&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203800</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2539&oldid=-20151205203800
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2539 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 296modifica] Ma questa eleganza veniva non da altro che dal pellegrino (cioè dal latino e dal greco), benché quegli scrittori volessero [p. 297modifica]piuttosto perfezionare, accostare al latino o al greco, render classica la lingua del loro secolo, che quella del trecento parlassero, come facevano, e bene, piú da cinquecentisti, che da trecentisti, piú da moderni che da antichi italiani; usassero la lingua viva e non la morta, le parole moderne piú che le antiche, e insomma innestassero il latino e il greco nella lingua del cinquecento e non del trecento, e però l’eleganza loro non venisse dall’uso dell’antico italiano né dalla cosí detta purità, quantunque oggi per noi sieno purissimi. Ma tali non erano allora per li pedanti, i quali chiamavano corrotto e barbaro quel che non era del trecento, proibivano il latinismo anche piú di quello che facciano i pedanti oggidí, poiché s’ardivano di chiamar barbara ogni voce latina che non fosse stata usata