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(2539-2540-2541) | pensieri | 297 |
piuttosto perfezionare, accostare al latino o al greco, render classica la lingua del loro secolo, che quella del trecento parlassero, come facevano, e bene, piú da cinquecentisti, che da trecentisti, piú da moderni che da antichi italiani; usassero la lingua viva e non la morta, le parole moderne piú che le antiche, e insomma innestassero il latino e il greco nella lingua del cinquecento e non del trecento, e però l’eleganza loro non venisse dall’uso dell’antico italiano né dalla cosí detta purità, quantunque oggi per noi sieno purissimi. Ma tali non erano allora per li pedanti, i quali chiamavano corrotto e barbaro quel che non era del trecento, proibivano il latinismo anche piú di quello che facciano i pedanti oggidí, poiché s’ardivano di chiamar barbara ogni voce latina che non fosse stata usata (2540) dagli antichi, anzi dal Boccaccio o dal Petrarca, per convenientissima che fosse all’italiano, e anche nello stile e nella composizione della dicitura volevano piuttosto o quella del Boccaccio o del Petrarca o quella degl’ ignoranti non iscrittori ma scrivani del trecento, che quella de’ classici latini e greci (vedi le opposizioni del Castelvetro alla canzone del Caro, e l’ Apologia del Caro).
5,o Si stimavano le prose (o le poesie) del cinquecento per le cose, per l’immaginazione, invenzione, concetti, sentenze, scoperte o dottrine scientifiche, ec., erudizione ec. ec., benché la lingua non piacesse, essendo pur la pura e vera lingua corrente di quel secolo. Onde per noi tali scrittori riescono purissimi ed elegantissimi, perché antichi. Ma corrotti si stimavano allora, e negletti e di niun conto, insomma nella lingua. E la pura lingua del cinquecento, quella che si dimostra pienamente nelle lettere familiari di (2541) quel secolo, scritte a penna corrente e ch’é ricchissima, potentissima ec. e per noi purissima ed elegantissima e spesso tanto piú pura e graziosa quanto è piú propria del secolo e piú naturale, si chiamava allora decisa-