<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2516&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203427</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2516&oldid=-20151205203427
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2516 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 285modifica] del loro secolo e meno imitano il trecento. Ed è ben ragionevole, perché allora solo possono esser naturali e di vena, come è il Caro che non fu mai imitatore (è notabile che di parecchi cinquecentisti le lettere dov’essi ponevano meno studio e che stimavano essi medesimi di lingua impurissima, mentr’era quella del loro secolo, sono piú grate a leggersi e di migliore stile che l’altre opere, dove si volevano accostare alla lingua del trecento, mentre nelle lettere usavano la lingua loro e riescono per noi elegantissimi e naturalissimi). Vedi p. 2525. Ma anche nel cinquecento non si stimava veramente elegante se non il pellegrino, e lo trovavano e cercavano nella lingua del trecento, che sola chiamavano pura, quando per noi è purissima quella del cinquecento. Vedi Salviati, Avvertimenti della lingua, citati nelle opere del Casa, Venezia, 1752, t. III, p. 323. fine-324. Nel trecento poi nemmen si parlava di purità, né si poneva tra i pregi della lingua o dello scrivere; e la lingua del loro secolo non si stimava elegante (se non forse alcune smancerie fiorentine, di cui parla il Passavanti, e queste credo piuttosto che s’amassero nel resto di Toscana o d’Italia che in Firenze, come accade veramente anche oggi): e quelli scrittori che piú si stimavano eleganti, e che tali si credevano o pretendevano essi medesimi, erano non quelli che oggi piú s’ammirano per la naturalezza e la semplicità e [p. 286modifica]che