<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2501&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20151205203218</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2501&oldid=-20151205203218
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2501 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 277modifica], se noi usassimo, per esempio, delle costruzioni tedesche o delle parole con terminazioni arabiche o indiane o delle congiugazioni ebraiche o cose simili, non ci sarebbe bisogno di cercare perché questi barbarismi ripugnassero all’eleganza, quando sarebbero in contraddizione e sconvenienza col resto della favella e cogli abiti nazionali. Ma intendo di quei barbarismi quali sono, per esempio, nell’italiano i gallicismi (cioè parole o modi francesi italianizzati e non già trasportati, per esempio, colle stesse forme e terminazioni e pronunziazioni francesi, ché questo pure sarebbe fuor del caso e della quistione). E domando perché il barbarismo cosí definito e inteso distrugga affatto l’eleganza delle scritture.
Certo è che non ripugna alla natura né delle lingue, né degli uomini né delle cose, e non è contrario ai principii eterni ed essenziali dell’eleganza, [p. 278modifica]del bello ec., che gli uomini di una nazione esprimano un certo maggiore o minor numero d’idee