[p. 267 modifica] della propria coscienza. E generalmente l’esecuzione di qualunque proposito è tanto piú efficace ed energica ed infiammata ed avventata e pronta, quanto la risoluzione è stata piú faticosa e difficile e quanta maggior pena e contrasto è costato a formarla. Perocché l’uomo teme di pentirsi e s’avventa nell’esecuzione come fuggendo con grand’impeto e fretta e spavento dal proprio pensiero, che, dandogli luogo a discorrere ancora, potrebbe distorlo o precipitarlo di nuovo nell’irresoluzione, che l’uomo teme e odia naturalmente, e ch’é uno de’ principali travagli dell’animo. Massime quando l’effetto della risoluzione (o sia il piacere o sia l’utile o sia la vendetta o sia la soddisfazione di qualsivoglia passione umana) lo tira e lo invita gagliardamente, ed egli teme che il proprio pensiero gl’impedisca di cercarlo e di conseguirlo e d’altra parte desidera vivamente di non perderlo e non privarsene per proprio difetto (17 giugno 1822).