<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2403&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150904152018</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2403&oldid=-20150904152018
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2403 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 219modifica] Basti dire che volendo con ogni massimo sforzo rimetterci nello stato naturale, non potremmo, né quanto al fisico, che non lo sopporterebbe in verun modo, né, posto che si potesse quanto al fisico ed esternamente, si potrebbe quanto al morale ed internamente; il che viene ad esser tutt’uno, non potendo noi esser piú partecipi della felicità destinata all’uomo naturalmente, perché l’interno nostro, [p. 220modifica]nostro, che è la parte principale di noi, non può tornar qual era, per nessuna cagione o arte. Che ha dunque a fare in questa quistione del suicidio, e in ogni altra cosa che ci appartenga, la legge o l’inclinazione di una natura, che non solo non è nostra, ma, anche volendo noi e procurandolo per ogni verso, non potrebbe piú essere? Il punto dunque sta qual sia l’inclinazione e il desiderio di questa seconda natura, ch’é veramente nostra e presente. E questa, invece d’opporsi al suicidio, non può far che non lo consigli e non lo brami intensamente; perché anch’ella odia soprattutto l’infelicità e sente che non la può fuggire se non colla morte e non tollera che la tardanza di questa allunghi i suoi patimenti.