<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2377&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150904151813</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/2377&oldid=-20150904151813
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 2377 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 203modifica] latinità e di retta ortografia (che certo in molti casi sarà cattivo, perocché detto modo di scrivere è incostante ma frequentissimo nelle dette iscrizioni, medaglie, ne’ codici piú antichi ec.), serve sempre a dimostrare che quel costume che il volgo italiano ha poi adottato e comunicato finalmente per regola alle ottime scritture (che ne’ primi secoli della nostra lingua adoperarono in questo e simili casi assai frequentemente l’ortografia latina), fu antichissimo nella pronunzia del volgo o non volgo, giacché poteva cagionare ordinariamente tali vizi di scrittura negli amanuensi, lapidarii ec. La qual considerazione si dee generalizzare e riferire a tutti quei casi (che son molti) ne’ quali (o spettino all’ortografia [p. 204modifica]o ad altro) gli antichi monumenti, codici ec. si trovano ordinariamente e con decisa frequenza imbrattati d’errori che si accostano o s’agguagliano alla pronunzia o al costume qualunque sia della lingua italiana o delle sue sorelle ec. (1 febbraio 1822).