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(2375-2376-2377) | pensieri | 203 |
(oculus ec.) (cosí da avunculus (2376) oncle). Giacché il cl fu da noi trasmutato quasi sempre in chi, come quello di claudere o cludere (vedi p. 2283), clericus, clavis, clavus ec. Cosí il gulus o gula, prima in glus, poi in ghio ec. Unghia ec. (franc. ongle). Cosí stipula si disse prima stipla, poi stoppia ec. Vedi il glossario ec. Cosí gli stessi latini, massime i poeti, solevano contrarre siffatte voci, come periclum ec., maniplum (Virgilio, Georg., III, 297) ec. (31 gennaio 1822).
* È costume, massimamente italiano, di elidere e togliere il c dalle parole latine, specialmente, e per esempio, avanti il t. Ora anche gli antichi ed ottimi scrittori e monumenti usano spesse volte lo stesso in molte parole, dicendo, per esempio, artus per arctus (dove il c è radicale, perché arctus fu da principio arcitus, participio di arcere. Vedi p. 1144, se vuoi, ec.; nel Virgilio dell’Heyne trovi sempre artus mai arctus), autor per auctor, autoritas ec. Vedi il Cellario; il Forcellini, l’Ortografia del Manuzio ec. E nelle antiche iscrizioni, medaglie ec. si troveranno infiniti esempi di ciò, come dire Atium o Atius o Atia, per Actium ec. ec. Il qual costume o sia buono o cattivo in riga di (2377) latinità e di retta ortografia (che certo in molti casi sarà cattivo, perocché detto modo di scrivere è incostante ma frequentissimo nelle dette iscrizioni, medaglie, ne’ codici piú antichi ec.), serve sempre a dimostrare che quel costume che il volgo italiano ha poi adottato e comunicato finalmente per regola alle ottime scritture (che ne’ primi secoli della nostra lingua adoperarono in questo e simili casi assai frequentemente l’ortografia latina), fu antichissimo nella pronunzia del volgo o non volgo, giacché poteva cagionare ordinariamente tali vizi di scrittura negli amanuensi, lapidarii ec. La qual considerazione si dee generalizzare e riferire a tutti quei casi (che son molti) ne’ quali (o spettino all’ortografia