Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1937

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[p. 451 modifica] stabilite e formate. Altrimenti le lingue e le voci non si corromperebbero mai. Purità di lingua non può dunque essere, e non è altro che uniformità colla sua indole primitiva (17 ottobre 1821). Vedi p. 1984.


*    Quando si comincia a gustare una nuova lingua, le cose che piú ci piacciono e ci rendono sapor di eleganza sono quelle proprietà, quelle facoltà, modi, forme, metafore, usi di parole o di locuzioni, che si allontanano dal costume e dalla natura della nostra lingua, senza però esserle contrarie e senza discostarsene di troppo. Cosí anche nel pronunziare o nel sentir pronunziare una lingua straniera ci piacciono piú di tutto quei suoni che non sono propri della nostra o del nostro costume, nel qual proposito Vedi la p. 1965, fine (ecco appunto la natura della grazia: lo straordinario fino a un certo segno e in modo ch’egli faccia colpo senza choquer le nostre assuefazioni ec.). Questo ci accade nel leggere, nel parlare, nello scrivere quella tal lingua (In tutti tre i casi però può aver luogo un’altra sorgente di piacere, cioè l’ambizione o la compiacenza di sapere intendere o adoperare quelle tali frasi, di parer forestiere a se stesso, di aver fatto progressi, vinto le difficoltà ec.). E ciò accade quando anche in quella lingua o in quel caso quelle tali forme non sieno per verità eleganti. E dove noi vediamo una decisa e per noi eccessiva conformità colla nostra lingua, quivi noi proviamo un senso