<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/182&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712191610</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/182&oldid=-20130712191610
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 182 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 287modifica] una conseguenza spontanea dell’amor di sè e della propria conservazione. Questo è un principio anche piú noto e universale, e quasi finale. Tuttavia, quantunque la natura potesse separar queste due cose, esistenza e amor di lei, e perciò l’amor proprio sia una qualità posta da lei arbitrariamente nell’essere vivente, a ogni modo la nostra maniera di concepir le cose appena ci permette d’intendere come una cosa che è non ami di essere, parendo che il contrario di questo amore, sarebbe come una contraddizione coll’esistenza. Perciò l’amor proprio [p. 288modifica]si può considerare ancor esso, nella natura quale la vediamo, come una conseguenza dell’esistere; e questo in certo modo anche negli esseri inanimati. Ora discendiamo. Esistenza — amore dell’esistenza (quindi della conservazione di lei e di se stesso) — amor del piacere (é una conseguenza immediata dell’amor proprio, perché chi si ama naturalmente è determinato a desiderarsi il bene, che è tutt’uno col piacere, a volersi piuttosto in uno stato di godimento che in uno stato indifferente o penoso, a volere il meglio dell’esistenza, ch’é l’esistenza piacevole, invece del peggio, o del mediocre ec.) — amore dell’infinito ec., colle altre qualità considerate di sopra. Cosí queste qualità che paiono disparatissime e particolarissime vengono dirittamente dal principio generale dell’amor proprio, e tanto necessariamente e materialmente che si può dire che la natura, dato che ebbe all’uomo l’amor proprio, e secondo la nostra maniera di concepire, data che gli ebbe l’esistenza, non ebbe da far altro; e le dette qualità, delle quali ci facciamo tanta maraviglia, senza opera sua vennero da loro.