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288 | pensieri | (182-183) |
si può considerare ancor esso, nella natura quale la vediamo, come una conseguenza dell’esistere; e questo in certo modo anche negli esseri inanimati. Ora discendiamo. Esistenza — amore dell’esistenza (quindi della conservazione di lei e di se stesso) — amor del piacere (é una conseguenza immediata dell’amor proprio, perché chi si ama naturalmente è determinato a desiderarsi il bene, che è tutt’uno col piacere, a volersi piuttosto in uno stato di godimento che in uno stato indifferente o penoso, a volere il meglio dell’esistenza, ch’é l’esistenza piacevole, invece del peggio, o del mediocre ec.) — amore dell’infinito ec., colle altre qualità considerate di sopra. Cosí queste qualità che paiono disparatissime e particolarissime vengono dirittamente dal principio generale dell’amor proprio, e tanto necessariamente e materialmente che si può dire che la natura, dato che ebbe all’uomo l’amor proprio, e secondo la nostra maniera di concepire, data che gli ebbe l’esistenza, non ebbe da far altro; e le dette qualità, delle quali ci facciamo tanta maraviglia, senza opera sua vennero da loro.
* (183) Conseguito un piacere, l’anima non cessa di desiderare il piacere, come non cessa mai di pensare, perché il pensiero e il desiderio del piacere sono due operazioni egualmente continue e inseparabili dalla sua esistenza (12-23 luglio 1820).
* Noi supponiamo sempre negli altri una grande e straordinaria penetrazione per rilevare i nostri pregi, veri o immaginari che sieno, e profondità di riflessione per considerarli, quando anche ricusiamo di riconoscere in loro queste qualità rispetto a qualunque altra cosa (23 luglio 1820).
* La speranza non abbandona mai l’uomo in quanto alla natura; bensí in quanto alla ragione. Perciò par-