Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1580

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[p. 245 modifica] e il disprezzo in che egli teneva i suoi scritti volgari, apprezzando i latini che piú non si curano. Egli certo non sentiva in quella lingua illetterata e spregiata ch’egli maneggiava, in quello stile ch’egli formava, la bellezza, il pregio e il piacere di quell’eleganza, di quella grazia, naturalezza, semplicità, nobiltà, forza, purità che noi vi sentiamo a prima giunta. Egli non si credeva né puro (in una lingua tutta impura e barbara come giudicavasi la italiana, corruzione della latina) né nobile, né elegante ec. ec. L’opinione, l’assuefazione ec., o piuttosto la mancanza di esse, glielo impedivano (28 agosto 1821).


*    Dalla mia teoria del piacere si conosce per qual ragione si provi diletto in questa vita, quando senza aspettarne né desiderarne vivamente nessuno l’animo riposato e indifferente si getta, per cosí dire, alla ventura in mezzo alle cose, agli avvenimenti e agli stessi divertimenti ec. Questo stato non curante de’ piaceri né de’ dolori è forse uno de’ maggiori piaceri, non solo per altre cagioni, ma per se stesso.