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(1579-1580-1581) | pensieri | 245 |
* Per un esempio e in conferma di quanto ho detto altrove, che l’eleganza, la grazia ec. dello scrivere antico, la semplicità de’ concetti e de’ modi, la purità ec. della lingua, sono o in tutto o in parte piaceri artifiziali, dipendenti dall’assuefazione e dall’opinione, relativi ec., e fanno maggior effetto in noi, e ci piacciono piú che agli stessi antichi, a quegli stessi scrittori che ci recano oggidí tali piaceri ec. ec., si può addurre il Petrarca (1580) e il disprezzo in che egli teneva i suoi scritti volgari, apprezzando i latini che piú non si curano. Egli certo non sentiva in quella lingua illetterata e spregiata ch’egli maneggiava, in quello stile ch’egli formava, la bellezza, il pregio e il piacere di quell’eleganza, di quella grazia, naturalezza, semplicità, nobiltà, forza, purità che noi vi sentiamo a prima giunta. Egli non si credeva né puro (in una lingua tutta impura e barbara come giudicavasi la italiana, corruzione della latina) né nobile, né elegante ec. ec. L’opinione, l’assuefazione ec., o piuttosto la mancanza di esse, glielo impedivano (28 agosto 1821).
* Dalla mia teoria del piacere si conosce per qual ragione si provi diletto in questa vita, quando senza aspettarne né desiderarne vivamente nessuno l’animo riposato e indifferente si getta, per cosí dire, alla ventura in mezzo alle cose, agli avvenimenti e agli stessi divertimenti ec. Questo stato non curante de’ piaceri né de’ dolori è forse uno de’ maggiori piaceri, non solo per altre cagioni, ma per se stesso. (1581)
Parecchie volte un vigore straordinario e passeggero cagiona al corpo e a’ nervi un certo torpore, per cui l’animo s’abbandona in seno di una negligenza circa le cose e se stesso, in maniera che o vede tutto dall’alto e come non gli appartenesse se non debolissimamente, o non pensa quasi a nulla, e desidera