<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1335&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130918161102</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1335&oldid=-20130918161102
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1335 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 95modifica] sono proprietà vive e feconde, e conservare solamente il materiale delle parole e modi già usati e registrati, che sono proprietà sterili, e rispetto alle dette facoltà proprietà morte? Che matta pedanteria [p. 96modifica]si è questa di giudicare di una parola o di un modo, non coll’orecchio né coll’indole della lingua, ma col vocabolario? vale a dire non coll’orecchio proprio, ma cogli altrui. Anzi colla pura norma del caso. Giacché gli è mero caso che gli antichi abbiano usato o no tale o tal voce in tale o tal modo ec., e che, avendola pure usata, sia stata o no registrata e avvertita da’ vocabolaristi. Ma non è caso ch’essi abbiano data o non data alla lingua la facoltà di usarla ec., e che quella voce, forma ec. convenga o non convenga colle proprietà della lingua da loro formata e col suo costume ec. E questo non si può giudicare col vocabolario, ma coll’orecchio formato dalla lunga ed assidua lettura e studio non del vocabolario ma de’ classici, e pieno e pratico e fedele interprete e testimonio dell’indole della lingua, sola solissima norma per giudicare di una voce o modo dal lato della purità e del poterlo usare ec. E questa fu l’unica guida di tutti quanti i classici scrittori