[p. 68 modifica] assoluto di morta, si chiamerà conservarla qual ella era e quale ce la trasmisero i suoi formatori? Dunque conservare una parola, una forma, un significato, un suono antico ec. e sbandire una voce o modo barbaro, una cattiva ortografia, un significato male applicato ec., tutte cose particolari ed accidentali e, quel ch’é piú, mutabili, tutto questo si chiamerà conservare la lingua. E lo spogliarla delle sue facoltà generali ed essenziali e immutabili, non si chiamerà guastarla o alterarla, ma anzi conservarla? Dico immutabili, fin tanto ch’ella non muti affatto qualità e di viva diventi morta. Il solo immutabile nella lingua sono le facoltà che costituiscono il suo carattere, parimente immutabile. Le parole, i modi, i significati, le ortografie, le inflessioni ec., niente di questo è immutabile, ma tutto soggetto all’uso per propria natura. Cosí che i nostri bravi puristi vogliono eternare nella lingua la parte mortale e distruggere l’immortale o quella che tale dev’essere, se non si vuol mutare la lingua. E l’uso di tali facoltà creatrici, ch’io dico immortali, deve essere perpetuo finché una lingua vive, appunto perché la novità delle cose e delle idee, alle quali serve la lingua,