Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/1255
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di assuefarlo a quello ch’io volessi e quando io volessi, e di fargli contrarre abitudine forte e radicata in poco tempo. Leggendo una poesia, divenir facilmente poeta; un logico, logico; un pensatore, acquistar subito l’abito di pensare nella giornata; uno stile, saperlo subito o ben presto imitare ec.; una maniera di tratto che mi paresse conveniente, contrarne l’abitudine in poco d’ora ec. ec. Vedi p. 1312. Il volgo che spesso indovina e nelle sue metafore esprime, senza saperlo, delle grandi verità e dei sensi piuttosto propri che metaforici, sebben tali nell’intenzione, chiama fra noi (e s’usa dire familiarmente anche fra i cólti ed anche scrivendo) testa o cervello duro, cioè organi non pieghevoli e quindi non facili ad assuefarsi, chi non è facile ad imparare. L’imparare non è altro che assuefarsi.
Io credo che la memoria non sia altro che un’abitudine contratta o da contrarsi da organi ec. Il bambino che non può aver contratto abitudine non ha memoria come non ha quasi intelletto né ragione ec. E notate. Non solo non ha memoria, perché poche volte ha potuto ricevere questa o quella impressione ed assuefarsi a richiamarla colla mente. Ma manca formalmente della facoltà della memoria, giacché nessuno si ricorda delle cose dell’infanzia, quantunque le impressioni d’allora sieno piú vive che mai, e quantunque nell’infanzia possa essere ritornata al bambino quella tale impressione piú volte ancora di quello che bisogna all’uomo fatto perché un’impressione o concezione qualunque gli resti nella memoria. Questa idea merita di essere largamente sviluppata e distinta (1 luglio 1821).