<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1227&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712191012</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/1227&oldid=-20130712191012
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 1227 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 16modifica] dimenticare né perdere né dismettere, perché perderemmo la letteratura e la poesia, riducendo tutti i generi di scrivere al genere matematico. Le dette voci, ch’io raccomando alla lingua italiana, sono ottime e necessarie, non sono ignobili [p. 17modifica]ma non sono eleganti. La bella letteratura, alla quale è debito quello che si chiama eleganza, non le deve adoperare se non come voci aliene e come si adoprano talvolta le voci forestiere, notando ch’elle son tali, e come gli ottimi latini scrivevano alcune voci in greco, cosí per incidenza. I diversi stili domandano diverse parole, e come quello ch’è nobile per la prosa è ignobile bene spesso per la poesia, cosí quello ch’é nobile ed ottimo per un genere di prosa, è ignobilissimo per un altro. I latini, ai quali in prosa non era punto ignobile il dire, per esempio, tribunus militum o plebis o centurio o triumvir ec., non l’avrebbero mai detto in poesia, perché queste parole d’un significato troppo nudo e preciso non convengono al verso, benché gli convengano le parole proprie e benché l’idea rappresentata sia non solo non ignobile ma anche nobilissima. I termini della filosofia scolastica, riconosciuti dalla nostra lingua per purissimi, sarebbero stati barbari nell’antica nostra poesia, come nella moderna ed anche nella prosa elegante, s’ella gli avesse adoperati come parole sue proprie.