Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/11
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dal vizio, il che principalmente è operato dal ridicolo. Ma i costumi (ἥθεις) presso Plauto sono poco insigni. Ciascuno opera, è vero, come dee (almeno per l’ordinario); ma: 1°, tutte le fisonomie si rassomigliano: sempre appresso a poco è lo stesso parassito, lo stesso padre, lo stesso servo traditore, lo stesso figlio scapestrato, la stessa meretrice; ec. 2°, i tratti che qualche volta distinguono un volto dall’altro sono grossolani: per esempio questa innamorata sarà leale, quest’altra perfida; questo padre pieghevole, questo duro; questo figlio temperante, quest’altro lussurioso, ed ecco tutto, ec.; 3°, c’è qualche volta molta naturalezza ora in qualche scena bellissima che innamora, ora in qualche commedia intera; ma quivi le persone dicono quello che ogni uomo in quella situazione direbbe, e benché le parlate siano naturalissime, cavate dal vero e ritratte con grandissima finezza dalla natura, pure non sono modificate secondo il carattere e il costume particolare della persona: insomma non si vede in Plauto una figura tutta perfettamente delineata e ombreggiata, e i costumi che egli dipinge sono del genere, per esempio, del padre, o della specie, per esempio, del padre buono o del padre iracondo, e non dell’individuo, la qual cosa osservo anche in Terenzio, il quale per altro è molto superiore a Plauto per li costumi e la naturalezza, essendo penetrato piú addentro nel cuore umano ec. Qualche volta anche non è conservata in Plauto la naturalezza e la verisimiglianza, specialmente nel fine delle commedie, dove talvolta i personaggi si risolvono troppo d’improvviso e a grado del poeta, essendo stati fin allora di animo diversissimo e anche contrarissimo a quella tale risoluzione. Ma egli pare che Plauto talora, non volendo altro che far ridere e satireggiare, della verisimiglianza non si curasse, anzi a bello studio cercasse l’inaspettato, non già l’inaspettato verisimile che si raccomanda in poesia, ma l’inaspettato inverisimile e grossolano che però appunto è piú ridicolo, come nel fine delle Bacchidi, dove fa innamorare all’improvviso per istrazio quei due vecchi venuti all’opposto per bravare quelle meretrici, e in quella scena del Canapo dove mette una tenzone di licet licet e di altre tali risposte sempre ripetute, in un momento caldo e importante, dov’è impossibile che i personaggi badassero a questi giuochi.