Pensieri (Leopardi)/XLII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XLI | XLIII | ► |
XLII.
Nuovo sentimento è quello che prova l’uomo di etá di poco piú di venticinque anni, quando, come a un tratto, si conosce tenuto da molti de’ suoi compagni piú provetto di loro, e, considerando, si avvede che v’è in fatti al mondo una quantitá di persone giovani piú di lui, avvezzo a stimarsi collocato, senza contesa alcuna, come nel supremo grado della giovinezza, e se anche si reputava inferiore agli altri in ogni altra cosa, credersi non superato nella gioventú da nessuno; perché i piú giovani di lui, ancora poco piú che fanciulli e rade volte suoi compagni, non erano parte, per dir cosí, del mondo. Allora incomincia egli a sentire come il pregio della giovinezza, stimato da lui quasi proprio della sua natura e della sua essenza, tanto che appena gli sarebbe stato possibile d’immaginare sé stesso diviso da quello, non è dato se non a tempo; e diventa sollecito di cosí fatto pregio, sí quanto alla cosa in sé, e sí quanto all’opinione altrui. Certamente di nessuno che abbia passata l’etá di venticinque anni, subito dopo la quale incomincia il fiore della gioventú a perdere, si può dire con veritá, se non fosse di qualche stupido, ch’egli non abbia esperienza di sventure; perché se anco la sorte fosse stata prospera ad alcuno in ogni cosa, pure questi, passato il detto tempo, sarebbe conscio a sé stesso di una sventura grave ed amara fra tutte l’altre, e forse piú grave ed amara a chi sia dalle altre parti meno sventurato; cioè della decadenza o della fine della cara sua gioventú.