Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/36

30 pensieri - xliii-xliv

mondo. Allora incomincia egli a sentire come il pregio della giovinezza, stimato da lui quasi proprio della sua natura e della sua essenza, tanto che appena gli sarebbe stato possibile d’immaginare sé stesso diviso da quello, non è dato se non a tempo; e diventa sollecito di cosí fatto pregio, sí quanto alla cosa in sé, e sí quanto all’opinione altrui. Certamente di nessuno che abbia passata l’etá di venticinque anni, subito dopo la quale incomincia il fiore della gioventú a perdere, si può dire con veritá, se non fosse di qualche stupido, ch’egli non abbia esperienza di sventure; perché se anco la sorte fosse stata prospera ad alcuno in ogni cosa, pure questi, passato il detto tempo, sarebbe conscio a sé stesso di una sventura grave ed amara fra tutte l’altre, e forse piú grave ed amara a chi sia dalle altre parti meno sventurato; cioè della decadenza o della fine della cara sua gioventú.

XLIII.

Uomini insigni per probitá sono al mondo quelli dai quali, avendo familiaritá con loro, tu puoi, senza sperare servigio alcuno, non temere alcun disservigio.

XLIV.

Se tu interroghi le persone sottoposte ad un magistrato, o ad un qualsivoglia ministro del governo, circa le qualitá ed i portamenti di quello, massime nell’ufficio; anche concordando le risposte nei fatti, tu ritroverai gran dissensione nell’interpretarli; e quando pure le interpretazioni fossero conformi, infinitamente discordi saranno i giudizi, biasimando gli uni quelle cose che gli altri esalteranno. Solo circa l’astenersi o no dalla roba d’altri e del pubblico, non troverai due persone che, accordandosi nel fatto, discordino o nell’interpretarlo o nel farne giudizio, e che ad una voce, semplicemente, non lodino il magistrato dell’astinenza, o per la qualitá contraria, non lo condannino. E pare che in somma il buono e il cattivo