XIII

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XII XIV
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XIII.

Bella ed amabile illusione è quella per la quale i dí anniversari di un avvenimento, che per veritá non ha a fare con essi piú che con qualunque altro dí dell’anno, paiono avere con quello un’attinenza particolare, e che quasi un’ombra del passato risorga e ritorni sempre in quei giorni, e ci sia davanti: onde è medicato in parte il tristo pensiero dell’annullamento di ciò che fu, e sollevato il dolore di molte perdite, parendo che quelle ricorrenze facciano che ciò che è passato, e che piú non torna, non sia spento né perduto del tutto. Come trovandoci in luogo dove sieno accadute cose, o per sé stesse o verso di noi memorabili, e dicendo: ‘qui avvenne questo, e qui questo’, ci reputiamo, per modo di dire, piú vicini a quegli avvenimenti, che quando ci troviamo altrove; cosí quando diciamo: ‘oggi è l’anno, o tanti anni, accadde la tal cosa, ovvero la tale’, questa ci pare, per dir cosí, piú presente, o meno passata, che negli altri giorni. E tale immaginazione è sí radicata nell’uomo, che a fatica pare che si possa credere che l’anniversario sia cosí alieno dalla cosa come ogni altro dí: [p. 12 modifica]onde il celebrare annualmente le ricordanze importanti, sí religiose come civili, sí pubbliche come private, i dí natalizi e quelli delle morti delle persone care, ed altri simili, fu comune, ed è, a tutte le nazioni che hanno, ovvero ebbero, ricordanze e calendario. Ed ho notato, interrogando in tal proposito parecchi, che gli uomini sensibili, ed usati alla solitudine, o a conversare internamente, sogliono essere studiosissimi degli anniversari, e vivere, per dir cosí, di rimembranze di tal genere, sempre riandando, e dicendo fra sé: ‘in un giorno dell’anno come il presente mi accadde questo o questa cosa.’