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pensieri - xii-xiii | 11 |
XII.
Colui che con fatiche e con patimenti, o anche solo dopo molto aspettare, ha conseguito un bene, se vede altri conseguire il medesimo con facilitá e presto, in fatti non perde nulla di ciò che possiede, e nondimeno tal cosa è naturalmente odiosissima, perché nell’immaginativa il bene ottenuto scema a dismisura se diventa comune a chi per ottenerlo ha speso e penato poco o nulla. Perciò l’operaio della parabola evangelica si duole come d’ingiuria fatta a sé, della mercede uguale alla sua, data a quelli che avevano lavorato meno; e i frati di certi ordini hanno per usanza di trattare con ogni sorte di acerbitá i novizi, per timore che non giungano agiatamente a quello stato al quale essi sono giunti con disagio.
XIII.
Bella ed amabile illusione è quella per la quale i dì anniversari di un avvenimento, che per veritá non ha a fare con essi piú che con qualunque altro di dell’anno, paiono avere con quello un’attinenza particolare, e che quasi un’ombra del passato risorga e ritorni sempre in quei giorni, e ci sia davanti: onde è medicato in parte il tristo pensiero dell’annullamento di ciò che fu, e sollevato il dolore di molte perdite, parendo che quelle ricorrenze facciano che ciò che è passato, e che piú non torna, non sia spento né perduto del tutto. Come trovandoci in luogo dove sieno accadute cose, o per sé stesse o verso di noi memorabili, e dicendo: ‘qui avvenne questo, e qui questo’ ci reputiamo, per modo di dire, piú vicini a quegli avvenimenti, che quando ci troviamo altrove; così quando diciamo: ‘oggi è l’anno, o tanti anni, accadde la tal cosa, ovvero la tale’ questa ci pare, per dir cosi, piú presente, o meno passata, che negli altri giorni. E tale immaginazione è si radicata nell’uomo, che a fatica pare che si possa credere che l’anniversario sia così alieno dalla cosa come ogni altro dì: