Pensieri (Leopardi)/I
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I.
Io ho lungamente ricusato di creder vere le cose che dirò qui sotto, perché, oltre che la natura mia era troppo rimota da esse, e che l’animo tende sempre a giudicare gli altri da sé medesimo, la mia inclinazione non è stata mai d’odiare gli uomini, ma di amarli. In ultimo l’esperienza quasi violentemente me le ha persuase: e sono certo che quei lettori che si troveranno aver praticato cogli uomini molto e in diversi modi, confesseranno che quello ch’io sono per dire è vero; tutti gli altri lo terranno per esagerato, finché l’esperienza, se mai avranno occasione di veramente fare esperienza della societá umana, non lo ponga loro dinanzi agli occhi.
Dico che il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi. Quando due o piú birbanti si trovano insieme la prima volta, facilmente e come per segni si conoscono tra loro per quello che sono; e subito si accordano; o se i loro interessi non patiscono questo, certamente provano inclinazione l’uno per l’altro, e si hanno gran rispetto. Se un birbante ha contrattazioni e negozi con altri birbanti, spessissimo accade che si porta con lealtá e che non gl’inganna; se con genti onorate, è impossibile che non manchi loro di fede, e dovunque gli torna comodo, non cerchi di rovinarle; ancorché sieno persone animose e capaci di vendicarsi; perché ha speranza, come quasi sempre gli riesce, di vincere colle sue frodi la loro bravura. Io ho veduto piú volte uomini paurosissimi, trovandosi fra un birbante piú pauroso di loro, e una persona da bene piena di coraggio, abbracciare per paura le parti del birbante: anzi questa cosa accade sempre che le genti ordinarie si trovano in occasioni simili: perché le vie dell’uomo coraggioso e da bene sono conosciute e semplici, quelle del ribaldo sono occulte e infinitamente varie. Ora, come ognuno sa, le cose ignote fanno piú paura che le conosciute; e facilmente uno si guarda dalle vendette dei generosi, dalle quali la stessa viltá e la paura ti salvano; ma nessuna paura e nessuna viltá è bastante a scamparti dalle persecuzioni segrete, dalle insidie, né dai colpi anche palesi che ti vengono dai nemici vili. Generalmente nella vita quotidiana il vero coraggio è temuto pochissimo; anche perché, essendo scompagnato da ogni impostura, è privo di quell’apparato che rende le cose spaventevoli; e spesso non gli è creduto; e i birbanti sono temuti anche come coraggiosi, perché per virtú d’impostura, molte volte sono tenuti tali.
Rari sono i birbanti poveri: perché, lasciando tutto l’altro, se un uomo da bene cade in povertá, nessuno lo soccorre, e molti se ne rallegrano; ma se un ribaldo diventa povero, tutta la cittá si solleva per aiutarlo. La ragione si può intendere di leggeri: ed è che naturalmente noi siamo tocchi dalle sventure di chi ci è compagno e consorte, perché pare che sieno altrettante minacce a noi stessi; e volentieri, potendo, vi apprestiamo rimedio, perché il trascurarle pare troppo chiaramente un acconsentire dentro noi medesimi che, nell’occasione, il simile sia fatto a noi. Ora i birbanti, che al mondo sono i piú di numero e i piú copiosi di facoltá, tengono ciascheduno gli altri birbanti, anche non cogniti a sé di veduta, per compagni e consorti loro, e nei bisogni si sentono tenuti a soccorrerli per quella specie di lega, come ho detto, che v’è tra essi. Ai quali anche pare uno scandalo che un uomo conosciuto per birbante sia veduto nella miseria; perché questa dal mondo, che sempre in parole è onoratore della virtú, facilmente in casi tali è chiamata gastigo, cosa che ritorna in obbrobrio, e che può ritornare in danno, di tutti loro. Però in tôr via questo scandalo si adoperano tanto efficacemente, che pochi esempi si vedono di ribaldi, salvo se non sono persone del tutto oscure, che caduti in mala fortuna, non racconcino le cose loro in qualche modo comportabile.
All’opposto i buoni e i magnanimi, come diversi dalla generalitá, sono tenuti dalla medesima quasi creature d’altra specie, e conseguentemente non solo non avuti per consorti né per compagni, ma stimati non partecipi de’ diritti sociali, e, come sempre si vede, perseguitati tanto piú o meno gravemente, quanto la bassezza d’animo e la malvagitá del tempo e del popolo nei quali si abbattono a vivere, sono piú o meno insigni; perché, come ne’ corpi degli animali la natura tende sempre a purgarsi di quegli umori e di quei princípi che non si confanno con quelli onde propriamente si compongono essi corpi, cosí nelle aggregazioni di molti uomini la stessa natura porta che chiunque differisce grandemente dall’universale di quelli, massime se tale differenza è anche contrarietá, con ogni sforzo sia cercato distruggere o discacciare. Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi, perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. In modo che piú volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli; essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi.