Meriggi

X.
NOLI

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X.


NOLI




A Bartolomeo Tissoni


O armonïosa quiete del villaggio,
     Balsamo sospirato un anno intiero,
     O pace della mia anima, e raggio
               4Del mio pensiero!

Come sei tutta buona e tutta bella,
     O ammaliatrice, o santa, o cortigiana!
     La tristezza, tua pallida sorella,
               8È la mezzana;

E io ti stringo, ti mordo, amante offeso
     Da cento mali, e tu m’intendi e taci:
     Le tue carezze sono unguento steso,
               12Nettare i baci.

Con te la vita è placida fiumana
     Che i burroni scordò donde discese!
     Una farfalla è qui la settimana,
               16Un bimbo il mese.

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Era ben mesto, o miei poveri amori,
     Chè sulla strada, quando son venuto,
     Mi seguiva un convoglio di dolori
               20Rapido e muto.

Or li ho messi a dormire ad uno ad uno,
     Distesi, freddi, pallidi, stecchiti;
     In verità, non ditelo a nessuno,
               24Li ho seppelliti

Nell’orticello pien di aranci e d’ali
     Dove un bel pozzo invita ad aver sete,
     E dove spesso brillano gli occhiali
               28Di qualche prete;

Sotto il sagrato, e placidi vi stanno
     Fra le campane e i cantici latini:
     Berretti rossi e mèzzari vi fanno
               32Da fiorellini.

Dormono lì, nè, mutin lune e soli,
     A rizapparne andrò la sepoltura;
     Però, a smarrirli, partirò da Noli
               36A notte oscura,

Poichè sepolti son, ma non son morti:
     Quando la coltre non sorride al sonno,
     Tornano ancora, tanto sono accorti,
               40E tanto ponno!

Bussano ancora alla finestra mia,
     E — apri, gridano, apri ai vecchi amici;
     Abbiam pescato nella tenebrìa
               44Rime felici.

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Apri, ingrato ai dolor! siam noi la musa,
     L’eterna musa che pel mondo corre;
     Non è poeta l’uom che ci ricusa,
               48L’uom che ci abborre. —

Ed io rispondo: — Sirene, Sirene,
     Tornate a sonnecchiar sotto il sagrato:
     Siete il vin che mi ha rôso e le cancrene
               52Che m’han bruciato!

Oh se il soffrir fosse il retaggio, il motto
     Dei guerrier della lira e del pensiero,
     Vi inchioderei sul cor!... ma gli è lo scotto
               56Del mondo intiero!

Andatene, per Dio! — .... Li sento appesi
     Alla parete polverosa e scialba,
     Urtar le imposte, come ospiti offesi....
               60Ma spunta l’alba,

E canta il gallo; (il gallo campagnuolo
     Conserva ancor la leggendaria possa:)
     I miei dolori tornano al lenzuolo,
               64Dentro la fossa;

E allor comincia la dolce giornata.
     Prima son vaghi suoni in lontananza,
     Qualche canzon furbetta e spensierata,
               68O il mar che danza;

Poi paroluccie tutte vispe e fresche
     Della cara fanciulla allegra e bella:
     Torna dall’orto carica di pesche
               72Grembo e scarsella.

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Ed io contemplo e scrivo e suggo il buono,
     Santo licor che il mio pensiero inolia,
     E mi muoia il pensier se anch’io non sono
               76Un’arpa eolia!

È rima, è strofa qui tutto che giunga;
     Fin dai bimbi che all’aria mattutina
     Portano a passeggiar l’acuta e lunga
               80Tosse ferina.

O Noli, o solitaria pescatrice
     Tutta cinta di torri e di madonne,
     Dio protegga il tuo mar, la tua pendice
               84E le tue donne!

Le negre donne tue che ritte stanno,
     Le donne per l’Italia affaccendate,
     Che prolifican liete un mozzo all’anno
               88Per le fregate!

Noli, Settembre 1864.