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418 | pensieri | (4484-4485) |
* Errori popolari degli antichi. Parlerò di questi errori leggermente, come storico, senza entrare a filosofare sopra ciascuno di essi e sopra la materia a cui appartengono; cosa che mi menerebbe in infinito, e vorrebbe non un Trattatello, ma un gran Trattato. In questo secolo, stante la filosofia, e stante la liaison che hanno acquistata tutte le cognizioni tra loro, ogni menomo soggetto facilissimamente diviene vastissimo. Tanto piú è necessario, volendo pur fare un libro, che uno sappia limitarsi, che attenda diligentemente a circoscrivere il proprio argomento, sí nell’idea de’ lettori, e sí massimamente nella propria intenzione; e che si faccia un dovere di non trapassare i termini stabilitisi (chi non sa circoscrivere, non sa fare: il circoscrivere è parte dell’abilità negl’ingegni, e piú difficile che non pare. Vedi p. 4450, capoverso 6). Altrimenti seguirà o che ogni libro sopra ogni tenuissimo argomento divenga un’enciclopedia, o piú facilmente e piú spesso, che un autore, spaventato e confuso dalla vastità di ogni soggetto che gli si presenti, dalla moltitudine delle idee che gli occorrano sopra ciascuno, si perda d’animo, e non ardisca piú mettersi a niuna impresa. Il che tanto piú facilmente accadrà, quanto la persona avrà piú cognizioni e piú ingegno, cioè quanto piú sarà atto a far libri (6 aprile 1829). - Io non presumo con questo libro istruire, solo vorrei dilettare. (4485)
* Alla p. 4429. Però io per me, se uno mi chiedesse p. e.: credi tu che ἡμέρα abbia a far nulla con dies? risponderei: non so. — Oh come? che né pure una lettera hanno comune? - Cosí dies e giorno, replicherei, non han comune una lettera, e pur questa voce nasce da quella (6 aprile 1829).
* Sinizesi, Dittonghi ec. Le contrazioni e circonflessioni de’ greci, che altro sono che sinizesi ec. ec.? (6 aprile 1829).