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(4418-4419) pensieri 353



*    È cosa notata che il gran dolore (come ogni grande passione) non ha linguaggio esterno. Io aggiungo che non ne ha neppure interno. Vale a dire che l’uomo nel grande dolore non è capace di circoscrivere, di determinare a se stesso nessuna idea, nessun sentimento relativo al suggetto della sua passione, la quale idea o sentimento egli possa esprimere a se medesimo, e intorno ad essa volgere ed esercitare, per dir cosí, il pensiero né dolor suo. Egli sente mille sentimenti, vede  (4419) mille idee confuse insieme, o piuttosto non sente, non vede, che un sentimento, un’idea vastissima, dove la sua facoltà di sentire e di pensare resta assorta, senza potere, né abbracciarla tutta, né dividerla in parti, e determinar qualcuna di queste. Quindi egli allora non ha propriamente pensieri, non sa neppur bene la causa del suo dolore; egli è in una specie di letargo; se piange (e l’ho osservato in me stesso), piange come a caso, e in genere, e senza saper dire a se stesso di che. Quei drammatici, e simili, che in circostanze di grandi passioni introducono de’ soliloqui, fondandosi sulla convenzione che permette a’ suoi personaggi di dire alto quello che essi direbbero tra se medesimi se fossero reali, sappiano che in tali circostanze l’uomo tra se non dice nulla, non parla punto neppur seco stesso. E fra tali drammatici ve n’ha de’ sommi (Shakespeare medesimo), se non son tali tutti (30 novembre 1828, Recanati).


*    Alla p. 4280. Ho veduto io stesso un canarino domestico e mansuetissimo, appena presentato a uno specchio, stizzirsi colla propria immagine, ed andarle contro colle ali inarcate e col becco alto.


*    Alla p. 4241. Vedesi l’uomo nato nobile nella critica libera, franca, spregiudicata ed originale, ed anche nella ragionevole e spregiudicata morale teologica del marchese Maffei; nello stile originale, nel