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298 | pensieri | (4355-4356) |
la creazione del poema epico, se non fosse manifesto che anch’essi crearono il poema epico senza saperlo, e non ebbero altra intenzione che di porre quei canti in ordine, di classarli e dividerli secondo i loro argomenti. I διασκευασταὶ d’Omero furono politori e limatori, che emendarono probabilmente il metro e la dizione in assai luoghi, aggiunsero, tolsero, mutarono quello che parve lor necessario, per dare unità, insieme, liaison scambievole, e continuità a quei canti. Diversi dai critici, il cui officio fu cercare quel che il poeta avesse scritto in fatti, non quello che stesse meglio; emendare i testi, non limarli (Wolf, cli-ii). Onde è diversa cosa διασκευὴ e recensio, sí in queste e sí nelle altre opere antiche (p. cclvi, not.). Il Wolf crede (p. clii) che i διασκευασταὶ, ch’egli interpreta exactores seu politores, travagliassero alla riduzione de’ canti omerici una cum Pisistrato vel paulo post. Non ne ha però alcuna prova; non si trovano menzionati che negli scoliasti; io li credo molto piú recenti (perché cosí mi par naturale), benché molto anteriori, com’ei pur dice, ai critici alessandrini. Ad essi un poco piú propriamente si dee dunque parte dell’effetto dell’insieme di que’ due corpi, atteso che in essi v’ebbe l’intenzione. Vedi p. 4388. (4356)
In somma, il poeta epico nelle nostre letterature non è nato che da un falso presupposto. Omero, e i poeti greci di quello e de’ seguenti secoli non conobbero in tal genere che degl’inni. Quippe vocabulum ὕμνος latius patet, et saepe omne genus ἐπῶν complectitur. Unde illud in fine trium Hymnorum (homericorum), manifestum istius moris vestigium: Σ᾽εῦ δ᾽ ἐγὼ ἀρξάμενος μεταβήσομαι ἄλλον ἐς ὕμνον (Wolf, § 25, p. cvii, not.). Cioè passerò a qualcuno de’ canti omerici, a cui gl’inni sacri servivano di proemii, perciò dagli antichi sovente chiamati προοίμια, προοίμιον Διός, προοίμιον ᾽Απόλλωνος etc. I rapsodi componevano o cantavano or l’uno or l’altro di tali proemii secondo il luogo