Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/222

(4271-4272) pensieri 215

libri nuovi faranno dimenticare e sparire il vecchio: appunto, se non altro, perché essi nuovi, e vecchio quello: del che abbiamo l’esperienza quotidiana per testimonio (anche intorno a libri bene scritti; quando si tratta di verità e di scienze; come sono quelli di Galileo, che da quale scienziato sono letti oggidí?).

E con questa osservazione di Buffon chiudo questo discorso non troppo lieto, e piuttosto malinconico che altrimenti (Recanati, 2 aprile 1827).


*   (Similmente poi, per altra parte, la negligenza universale intorno allo stile, rende inutile la diligenza individuale, se alcuno sapesse e volesse usarne, intorno al medesimo. Perché, in sí fatti generi, le cose quanto sono piú rare, tanto meno si apprezzano. Il pubblico, appunto perché in ciò negligente, ed assuefatto a trascurar tale studio, non ha né gusto né capacità né per sentire né per giudicare le bellezze degli stili, né per esserne dilettato. Perché certi diletti, e non sono pochi, hanno bisogno di un sensorio formatovi espressamente, e non innato; di una capacità di sentirli acquisita. A chi non l’ha, non sono diletti in niun modo. L’arte piú sopraffina non sarebbe conosciuta: l’ottimo stile non sarebbe distinto dal pessimo. Cosí l’eccellenza medesima dello stile non sarebbe piú una via all’immortalità, che senza essa, tuttavia, non si può dai libri conseguire). (Recanati, 2 aprile 1827).


*   (Molti libri oggi, anche dei beni accolti, durano meno del tempo che è bisognato a raccorne i materiali, a disporli e comporli, a scriverli. Se poi si volesse aver cura della perfezion dello stile, allora certamente la durata della vita loro non avrebbe neppur proporzione alcuna con quella della lor produzione; allora sarebbero piú che mai simili  (4272) agli efimeri, che vivono nello stato di larve e di ninfe