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144 | pensieri | (4212-4213) |
la terra la notizia e la utilità di quelli, ristretta fino allora ai soli latini. E non solo i cosí detti dialoghi, ma prese anche a voltare in greco altri scritti del medesimo degni di considerazione. - Testimonianza insigne della universalità della lingua greca, eziandio ai tempi dello scrittore di questa vita, cioè, credo, nel sesto secolo, se costui fu contemporaneo o poco posteriore al detto Zaccaria papa (Bologna, 5 ottobre 1826).
* Alla pagina qui dietro. Proclo nella Crestomazia, appresso lo stesso Fozio, cod. 239, init., col. 981, dice ὡς (che) αἱ αὐταί εἰσιν ἀρεταὶ λόγου καὶ ποιήματος (della prosa e del verso), παραλλάσσουσι δὲ (differiscono) ἐν τῷ μᾶλλον καὶ ἦττον nel più e nel meno. Lo Schotto: in eo, quod plus, minusve est (Bologna, 6 ottobre 1826).
* Alla p. 4163. Phot., cod. 279, col. 1588, ex Helladii Besantinoi Chrestomathiis, ed. greco-latina, πᾶσα γὰρ πρόθεσις βραχυκαταληκτεῖν θέλει perocché ogni preposizione vuole (cioè dee) finire in sillaba breve. Vedi p. 4226. (4213)
* Dell’uso del verbo τιθέναι per fare, come in ispagnuolo poner. Elladio Besantinoo ne’ libri delle Crestomazie, appresso Fozio, cod.279, col. 1588, ed. greco-latina, ὁ παρ᾽ ἄλλοις μισ θοῦ δουλεύων θὴς καλεῖται, ἢ παρὰ τὸ θεῖναι, ὃ δηλοῖ τὸ χερσὶν ἐπγάζεσθαι καὶ ποιεῖν (καὶ γὰρ τοῖς παλαιοῖς λέγειν ἔθος τὸ ἔθηκεν ἐπὶ τοῦ τὶ δρᾶν, ὡς καὶ δραστικώτατος ἥρως διὰ τοῦτο κέκληται ϴησεύς). ἢ κατὰ μετάθεσιν κ. τ. λ. Anche Orazio per grecismo: nunc hominem ponere (cioè facere, fabricare, fabrefacere) nunc deum (Bologna, 8 ottobre, domenica, 1826).
* Πονηρος che vale ora laborioso, infelice ec. ed ora malvagio, del che altrove, ha diversa accentazione secondo il diverso significato. Veggansi i lessici.