(3625-3626-3627) |
pensieri |
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atto, e quasi il termine e l’effetto del confutare ec. Le quali osservazioni confermano la derivazione di confuto da noi e dagli etimologi stabilita. Cosí mi par di spiegare la traslazione del suo significato da quel di mescere insieme a quel di confutare, e cosí mi par di doverlo intendere: non ispiegarlo per compescere e derivar la metafora da questo lato, come fa il Vossio (appo Forcellini), il quale anche (3626) par che derivi confuto da futum, nome (dunque da questo anche futo?), per la solita ignoranza in materia de’ continuativi. E se tal derivazione egli dà (come è anche piú naturale ch’ei faccia) anche al confuto di Titinnio, e lo spiega pure per compesco, s’inganna assai. Significazioni analoghe a quella nostra metaforica di confondere gli avversari ec., vedile nel Forcellini in confundo, confusio, confusus ec.1) e nel glossario in Confundere, avvertendo che la lingua latina antichissima aveva delle metafore e degli usi di parole molto piú simili ai moderni che non ebbe poi l’aurea latinità o piuttosto il latino piú illustre scritto; e n’ebbe in grandissima copia; e che queste parole e questi usi, e generalmente le proprietà del volgare o familiar latino, piú si veggono negli scrittori de’ bassi tempi (or vedi gli esempi di Sulpicio Severo nel Forcellini in confundo e confusus), e ne’ volgari moderni che negli aurei scrittori, perché questi seguivano piú l’illustre, e quelli il familiare, questi fuggivano il volgo, e quelli o per ignoranza o (3627) per elezione gli andavan dietro, questi avevano una lingua illustre e una parlata, quelli non avevano già piú una lingua illustre che fosse per essere intesa quando anche l’avessero saputa scrivere, ma lingua scritta e parlata era per loro una cosa sola, o tra se molto meno diversa che non nell’aureo secolo e ne’ prossimi a quello.
- ↑ Vedi p. 3635.