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(3594-3595-3596) | pensieri | 51 |
sola, come vorrebbe il Tasso, della quale l’un degli Eroi sia capo, l’altro mano; o sieno che che si voglia. (3595)
Provasi questa verità con effetto nella lettura della Gerusalemme. Ma siccome è soltanto supponibile, come il punto matematico, e non mai però vero, il caso di un uomo che intra duo cibi distanti e moventi d’un modo innanzi si muoia di fame che e’ si rechi a’ denti l’un d’essi cibi (Dante, Par., IV), e tra due o piú cose da scegliere, l’uomo trova sempre, e trovò, alcuna diversità che l’inclini e determini ad elegger l’una, e l’altra rifiutare; o quando non sia in sua mano l’eleggere, o non si tratti di sceglier coll’opera, è impossibile che egli coll’affetto (sia il desiderio, sia l’amore, sia il compiacimento, sia qualunqu’altro) non s’inclini piú ad una cosa ch’a un’altra, o piú da una che da un’altra non fugga: cosí, non potendo accader che di due o piú Eroi, quanto si voglia pari di merito, l’uno, per qualsivoglia cagione, non prevaglia nell’animo de’ lettori, massime quando il loro merito sia di specie diverso; però è ben lungi che l’interesse nella Gerusalemme (piccolo e quasi morto com’egli è, secondo che ho detto altrove, e seppur v’è interesse alcuno) sia quanto al lettore con esatta parità di misura diviso tra Goffredo e Rinaldo. Ben è vero che l’uno di questi Eroi nuoce all’interesse dell’altro, ma pure, se il lettor prova nella Gerusalemme qualche interesse, ei non manca di scegliere tra’ due Eroi quello in che egli ne ponga la maggior parte, e forse anche (3596) tutto. Or questo Eroe prescelto (e me n’appello al testimonio di qualsivoglia lettore della Gerusalemme), contro l’intenzione del poeta, o certo contro il manifesto scopo del poema, e quindi contro il suo debito, e in pregiudizio del dovuto effetto e dell’unità (molto piú che nell’Iliade ella, e lo scopo e il debito della qualità del poema non sono pregiudicati); questo eroe, dico, è Rinaldo;