flexus da flexi, nexus da nexi, e gli altri quivi notati. Le conferma lo stesso vectus, noto, certo e moderno participio di veho, nel qual vectus, donde viene il c che niente ha che fare con questo tema, se non dal perfetto vecsi? Cosí dite di victus per vivitus (vedi la p. 3710), dove il c viene da vixi che sta pel regolare vivi. Cosí in mille altri di questo genere. Fluo ha fluxi; dunque fluxum; ed anche fluctum antichissimo (vedi Forcellini in fluo, fine), onde anche oggi fluctus us fluctuare ec. (e cosí appunto è vectus per vexus). Ma il suo regolare perfetto sarebbe flui: or dunque egli ebbe pur fluitum dimostrato da fluito e fluitaris ec. Cosí per diversi perfetti, diversi corrispondenti supini si troveranno, cred’io, in molti verbi. Ai perfetti in xi corrisponde egualmente il supino in xum e (3734) quello in ctum. L’uno e l’altro si troverà insieme in non pochi verbi che abbiano il perfetto in xi (negli altri nol saprei ora dire). Forse o da xi direttamente, o poscia da xum, si disse ctum per accostarsi alla desinenza regolare de’ supini che dovrebb’essere universalmente in tum. Forse xum fu corruzione di ctum, o viceversa, e xum fu il vero e primo supino de’ verbi che fecero il perfetto in xi ec. Insomma quale di questi due, xum e ctum, sia piú antico, non lo so. Forse ambo sono una cosa stessa (benché non sempre si conservino ambedue, o forse non sempre sieno stati messi in uso ambedue), diversi solo per accidente di pronunzia ec. ec. Ciò si applichi al mio discorso sopra vexus, avendosi già vectus ec.; vedi p. 3745. Iubeo ha iussi, anomalo per iubevi-iubesi: dunque il suo supino è iussum, e niun altro, benché anomalo anch’esso. Cosí infiniti: e la corrispondenza fra il perfetto e il supino e la formazione e dipendenza di questo da quello, almeno il piú delle volte, ancorché quello sia anomalo, ancorché moltiplice, ancorché forse talvolta perduto affatto, restando il supino, o perduto quel tal perfetto restandone un altro o piú d’uno, non corrispondente