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(3440-3441) | pensieri | 389 |
le orazioni fatte oggi a’ parlamenti o da niuno si leggono, o si dimenticano di là a due dí, e ne son degne, né chi le disse pretese né bramò, né curò ch’elle avessero maggior durata (15 settembre 1823).1
* Il giovane innanzi la propria esperienza, per qualunque insegnamento udito o letto, di persone stimate da lui o no, amate o disamate, credute o non credute ec., non si persuaderà mai efficacemente che il mondo non sia una bella cosa, né deporrà il desiderio e la speranza ch’egli ha della vita e degli uomini e de’ piaceri sociali, né l’opinione favorevolissima, e nel fondo del cuore, (3441) fermissima, della possibilità, anzi probabilità di esser felice pigliando parte alla vita, all’azione ec. Perchè? perché quest’opinione, desiderio, speranza, non è capriccio ma natura, né si estirpa dall’animo, come le opinioni o passioni accidentali, né val tenerezza e pieghevolezza e docilitate d’età né d’indole a render queste cose estirpabili. Altrimenti sarebbe estirpabile la natura stessa, la quale ha provveduto di speranza alla fanciullezza e alla gioventú e agguagliato colla speranza il desiderio di quelle età (15 settembre 1823).
* Altrove ho rassomigliato il piacere che reca la lettura di Anacreonte (ed è nel principio di questi pensieri a p. 30-1) a quello d’un’aura odorifera ec. Aggiungo che siccome questa sensazione lascia gran desiderio e scontentezza, e si vorrebbe richiamarla e non si può; cosí la lettura di Anacreonte; la quale lascia desiderosissimi, ma rinnovando la lettura, come per perfezionare il piacere (ch’egli par veramente bisognoso d’esser perfezionato anche piú che ispirar desiderio d’esser continuato), niun piacere si prova, anzi
- ↑ Quel che si è detto della durevolezza, dicasi ancora della grandezza e magnificenza ec.