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290 pensieri (3278-3279-3280)

ho io veduto accadere tale cangiamento in persone sopravvenute da improvvisa o rapida calamità di corpo o di spirito o di fortuna, onde il loro animo fu atterrato e prostrato, subitamente o in poca d’ora, o crollato e renduto mal fermo, e la loro vita fu soggettata agl’incomodi e alla trista necessità dell’aiuto altrui,  (3279) e la sanità scossa, e il corpo svigorito, e simili cose contrarie alla loro prima condizione. Insomma, al subito o rapido cangiamento delle circostanze sopra notate, ho veduto con pari subitaneità o rapidità corrispondere il cangiamento del carattere e costume di tali persone rispetto al compatire, al beneficare e all’adoperarsi in qualunque modo per altrui.

E quelli che da natura, o per qualunque cagione, fin dalla fanciullezza o dalla prima giovanezza e dal primo loro ingresso nel mondo son tali quali i sopraddetti divennero, cioè deboli di corpo e di spirito, timidi, irresoluti, avviliti dalla povertà o da qualsivoglia altra causa fisica o morale, estrinseca o intrinseca, naturale in loro o accidentale e avventizia; sempre o sovente bisognosi dell’opera altrui, avvezzi fin dal principio a soffrire, a mal riuscire nelle loro intraprese, o ne’ desiderii loro, e quindi a sempre sconfidar delle cose e della vita e dei successi, e quindi privi di confidenza in se medesimi; piú domestici del timore o della triste espettazione che della speranza; questi tali, e quelli che loro somigliano in tutto o in parte, sono piú o meno, fin dal principio della loro vita o fino dalla loro entrata  (3280) nella società, alieni e dall’abito e dagli atti della compassione e della beneficenza, e dalla inclinazione o disposizione a queste virtú; interessati per se soli, poco o nulla capaci d’interessarsi per gli altri, o sventurati o bisognosi, o degni o indegni che sieno dell’aiuto altrui, meno ancora capaci di operare per chi che sia; poco o nulla per conseguenza atti alla vera ed