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(3039-3040) pensieri 149

E qui è da osservare la conservazione nel nostro volgare, di questo antichissimo vixus ignoto nel latino, simile a quella di vistus, di cui veggasi p. 3032-4 (25 luglio 1823). Sia che visso sia fatto dal supino vixum ignoto, o dall’ignoto participio neutro vixus, in luogo del quale non si trova neppur victus a um (trovandosi victum supino), sebbene dovette esservi, secondo quello che di tali participii neutri ec. ho detto altrove. E infiniti ne conservano le lingue figlie, che non si trovano nel latino scritto (25 luglio, dí di S. Giacomo, 1823).


*    Alla pag. antecedente. Chi poi volesse che pisere non venisse da pisus (benché pur se n’abbia un bellissimo esempio in visere da visus, siccome ho detto), ma che (s’ei veramente esisté) fosse lo stesso che pinsere, detratta la n come in pistus, mi darebbe altresí poca noia. In tal caso pisare non sarebbe fratello ma figlio di pisere; e certo esso e pisar e pigiare verrebbero da pisus, come dimostrano gl’infiniti  (3040) esempi che della formazione di tali verbi della prima maniera da’ participii in us d’altri verbi, raccoglie la mia teoria de’ continuativi ec. ec. (26 luglio, dí di Sant’Anna, 1823). Vedi p. 3052.


*   L’uomo in cui concorressero grande e cólto ingegno, e risolutezza, si può affermare senz’alcun dubbio che farebbe e otterrebbe gran cose nel mondo, e che certo non potrebbe restare oscuro, in qualunque condizione l’avesse posto la fortuna della nascita. Ma l’abito della prudenza nel deliberare esclude ordinariamente la facilità e prontezza del risolvere, ed anche la fermezza nell’operare. Di qui è che gli uomini d’ingegno grande ed esercitato sono per lo piú, anzi quasi sempre, prigionieri, per cosí dire, dell’irresolutezza, difficili a risolvere, timidi, sospesi, incerti, delicati, deboli nell’eseguire. Altrimenti essi dominerebbero il