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(2110-2111-2112) pensieri 57

meno che da giovani, come si vede negli uomini ordinarii tuttogiorno (17 novembre 1821).


*    Qualunque sensazione a cui l’animo umano non attenda punto, non può assolutamente essere ricordata neppure il momento dopo. La memoria non istà mai senza l’attenzione. Giornalmente noi proviamo di tali sensazioni alle quali punto non attendiamo e di queste non possiamo mai ricordarci, sebbene la sensazione, quantunque non attesa, l’abbiamo però realmente provata. Per esempio, quel romore che fa il pendolo dell’oriuolo, senza che noi v’attendiamo punto, a causa dell’assuefazione. E cento altre tali. Se l’attenzione è menoma, menoma è la memoria in tutti i sensi. Per esempio, un discorso al quale non abbiamo badato quasi nulla, sebben tutto l’abbiamo udito e compreso, volendo poi richiamarlo alla  (2111) memoria, stenteremo assai anche un sol momento dopo (laddove un discorso assai piú lungo e complicato, al quale abbiamo ben atteso o volontariamente, o per forte impressione ch’esso ci abbia fatto, lo ricorderemo agevolmente molto tempo dopo). Se poi saremo riusciti a richiamarlo in tutto o in parte, ce ne ricorderemo di quindi innanzi agevolmente, per l’attenzione che avremo posta nel richiamarlo. Insomma, non si dà memoria senz’attenzione (volontaria o involontaria che sia, come altrove ho distinto): perciocché la memoria è l’assuefazione dell’intelletto, e l’intelletto non si assuefà senz’attendere, perché senz’attendere (piú o meno) non opera. L’attenzione raddoppia o triplica la sensazione, in modo che quella sensazione alla quale non abbiamo atteso l’abbiamo provata una sola volta, e perciò non vi ci siamo potuti assuefare, cioè porla nella memoria; ma quella a cui abbiamo atteso l’abbiamo provata e ripetuta rapidamente e senz’avvedercene nel nostro pensiero come due, tre, quattro volte secondo che l’attenzione è stata maggiore  (2112) o