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(2652-2653-2654) pensieri 355

lingua veneta anteriore al latinizzamento di quella provincia, qualunque fosse essa lingua), possa probabilmente applicarsi all’Italia tutta. In conferma della qual opinione giova il ricordare che l’Algarotti cita, non so dove, una lettera di Varo a Virgilio, nella quale, commentando un certo epigramma, critica la parola putus, asseverando non essere latina. Presentemente il vocabolo putto, quantunque naturalizzato nell’italiano, credo però che sia usato familiarmente dai soli mantovani e ne’ paesi confinanti e che non sarebbe inteso dal volgo di Toscana.» p. 62-63 (3 dicembre 1822).  (2653)


*   Da rullus, cioè circulator, roule, rouler etc. (8 dicembre 1822, dí della Concezione di Maria Santissima)


*   Alla p. 2441. Luciano, nel dialogo Χάρων ἢ ἐπισκοποῦτες, dopo i due terzi del dialogo in bocca di Caronte dice: ῾Ορῶ ποικίλην τινὰ τύρβην, καὶ μεστὸν ταραχῆς τὸν βίον, καὶ τὰς πόλεις γε αὐτῶν (ἀνθρώπων) ἐοικυίας τοῖς σμήνεσιν, ἐν οἷς ἆπας μὲν ἰδιόν τι κέντρον ἔχει, καὶ τὸν πλησίον κεντεῖ. ὀλίγοι δὲ τινες, ὥσπερ σφῆκες, ἄγουσι καὶ φέρουσι τὸν ὑποδεέστερον (Roma, 13 dicembre 1822).


*   Il vero certamente non è bello: ma pur anch’esso appaga o, se non altro, affetta in qualche modo l’anima, ed esiste senza dubbio il piacere della verità e della conoscenza del vero, arrivando al quale l’uomo pur si diletta e compiace, ancorché brutto e misero e terribile sia questo tal vero. Ma la peggior cosa del mondo e la maggiore infelicità dell’uomo si è trovarsi privo del bello e del vero, trattare, convivere con ciò che non è né bello né vero. Tale si è la sorte di chi vive nelle città grandi, dove tutto è falso, e questo falso non è bello,  (2654) anzi bruttissimo (Roma, 13 dicembre 1822).