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344 pensieri (2628-2629-2630)

Atene e Sparta innanzi al tempo d’esse guerre, dice, ἴδια μὲν ἄστη τὰς ἑαυτῶν πόλεις ἡγούμενοι, κοινὴν δὲ πατρίδα τὴν ᾽Ε λλάδα νομίζοντες εἶναι. (30 settembre 1822).


*   Isocrate nel Panegirico p. 150, cioè poco dopo il mezzo, raccontando i mali fatti da’ fautori de’ Lacedemoni (Λακωνίζοντες) alle loro città, dice dei medesimi: εἰς τοῦτο δ᾽ ὠμότητος ἆπαντας ἡμᾶς κατέστησαν, ὥστε πρὸ τοῦ μὲν διἀ τὴν παροῦσαν εὐδαμονίαν, κᾴν ταῖς μικραῖς ἀτυχίαις, πολλοὺς ἕκαστος ἡμῶν (parla dei privati cioè di ciascun cittadino) εἰχε τοὺς συμπαθήσοντας ἐπὶ δὲ τῆς τούτων ἀρχῆς, διὰ τὸ πλῆθος τῶν νἰκείων κακῶν, ἐπαυσάμεθα ἀλλήλους ἐλεοῦντες. Οὐδενὶ γὰρ τοσαύτην  (2629) σχολὴν παρέλιπον, ὥσθ᾽ ἑτέρῳ συναχθεσθῆναι. E veramente l’abito della propria sventura rende l’uomo crudele ὠμὸν, come dice costui (30 settembre 1822). Vedi la pagina seguente, pensiero primo.


*   Da quello che altrove ho detto e provato, che il piacere non è mai presente, ma sempre solamente futuro, segue che, propriamente parlando, il piacere è un ente (o una qualità) di ragione, e immaginario (2 ottobre 1822).


*   A ciò che ho detto altrove delle voci ermo, eremo, romito, hermite, hermitage, hermita ec., tutte fatte dal greco ἔρημος, aggiungi lo spagnuolo ermo, ed ermar (con ermador ec.) che significa desolare, vastare, appunto come il greco ἐρημόω. (3 ottobre 1822). Queste voci e simili sono tutte poetiche per l’infinità o vastità dell’idea ec. ec. Cosí la deserta notte e tali immagini di solitudine, silenzio ec.


*   Le sensazioni o fisiche o massimamente morali che l’uomo può provare, sono, niuna di vero piacere, ma indifferenti o dolorose. Quanto alle indifferenti la sensibilità non giova nulla. Restano solo le dolorose. Quindi la sensibilità, benché  (2630) assolutamente considerata sia disposta indifferentemente a sentire ogni