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(2564-2565-2566) pensieri 309

sia la diversità di tale o tal altra voce da un’altra, per pochissimo che noi abbiamo praticata quella tal persona o praticatala pure una sola volta. Non cosí ci accade nelle voci degli animali, nelle quali, neppure avvertitamente pensandoci, sappiamo riconoscer differenza tra molti individui d’una stessa specie, o riconosciutane, non ci resta in mente. Anche con difficoltà riconosciamo le voci, per esempio in paese forestiero di lingua, o dialetto, pronunzia ec., e le confondiamo spesso; almeno a principio. L’ho osservato in me. Effetti dell’assuefazione, dell’attenzione parziale e minuta ec. da riferirsi a quei pensieri dove ho portato altri esempi simili (11 luglio 1822).  (2565)

*   Noi abbiamo oscuro da obscurus e scuro. Obscurus è certo un composto, come dimostra la preposizione ob. Tolta la quale resta scurus. Che questa voce esistesse una volta, non si può dubitare, dovendo esistere il semplice prima del composto. Vedi il Forcellini, Obscurus, principio. Ma questa voce ignota presso i latini si conserva nell’italiano. E questa medesima è una prova ch’esistesse, come viceversa le cose dette sono una prova che la nostra voce sia antica e venutaci col volgare latino. Osservate se credeste che scuro fosse fatto per apocope volgare da oscuro, che l’apocope dell’o iniziale, per quello che mi pare, non è punto in uso nel nostro popolo (12 luglio 1822).


*   Ho notato, mi pare in Floro, il quoque messo innanzi alla voce da cui dipende. Vedilo similmente nella Volgata, Genesi, XII, v. 8, confrontando questo versetto col precedente (12 luglio 1822).  (2566)


*   È egli possibile che nella morte v’abbia niente di vivo? anzi ch’ ella sia un non so che di vivo per natura sua? come dunque credere che la morte rechi, e sia essa stessa, e non possa non recare un dolor