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168 pensieri (2321-2322)

disse amaerunt, amaerat trisillabe, senza però che l’ae si pronunziasse e, ma sciolto. Poi coll’aspirazione eufonica, per fuggire l’iato, si disse ama Ƒerunt ec. Indi amaverunt. Ma il volgo continuò a considerarli come trissillabi; e perciò, saltando facilmente una lettera e conservando la parola trisillaba, disse amarunt, amarat ec. E non fece caso dell’aspirazione (ossia del v) non piú di quello che in nil per nihil ec. vedi disopra. Che il volgo solesse pronunziare cosí contratto piuttosto che sciolto lo dimostra il nostro amarono, amaron, aimerent (e quanto ad amarat vedi la p. 2221, fine segg.). Quest’uso, essendo comune a tutte tre le lingue figlie, dimostra un’origine comune, cioè il volgare latino. E viceversa le dette considerazioni provano che detto uso moderno è di antichissima origine e proprio (forse esclusivamente dell’altro) del volgare latino, com’era pur  (2322) proprio della scrittura e lo fu, sino ab antico, per sempre.

Gli stessi motivi mi fanno credere che, per esempio, trovando noi nelle tre lingue figlie amammo, amamos, aimâmes, si debba concludere che il vólgare latino diceva parimente amamus contratto per amavimus, come abbiamo veduto ch’egli diceva amai (che gli spagnuoli e i francesi dicono aimai, amè mutato l’ai in e); e come pur diceva amasti, amastis per amavisti ec. (del che discorrete come sopra), onde amasti amaste, amaste amastes, aimas aimâtes (anticamente aimastes). (1 gennaio 1822).


*    Gli antichi non solo celebravano i giorni natalizi, ma anche gli anniversarii delle morti. Vedi il quinto dell’Eneide, e segnatamente vers. 46-54. Celebravano pure gli anniversarii di vittorie riportate ec., come di quella d’Azio, per cui s’istituirono i giuochi Aziaci. Vedi Heyne P. Virg. Maron. Vita per annos digesta, anno U. C. 723. Cosí in Atene la festa di Pallade nell’anniversario (se non erro) della battaglia di Ma-